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L'efficentismo tedesco si dissolve con i vaccini e nei loro ospedali stravolti dalla pandemia.

 Covid19 mortiBERLINO – Sembra incredibile, ma l’efficientismo tedesco che in tutta l’Europa incute un timore reverenziale al quale si aggiunge spesso anche un penoso senso di inferiorità , si dissolve nella grandissima parte dei loro ospedali stravolti dalla pandemia. Ne è un esempio il conteggio – dal lunedì al venerdì – dei malati, dei ricoverati in terapia intensiva, dei morti di Covid19. Soltanto cinque giorni alla settimana, poiché di mezzo c’è il week end, che per regola non lo si sospende nemmeno in una situazione di emergenza. Questo e altro aiuta a pesare la spensieratezza con quale, gli apparati burocratici degli ospedali classificano il numero dei malati e poi ne inviano l’elenco by fax al distretto sanitario di appartenenza.

Sì, ricorrono al fax, il vecchio fax, perchè la digitalizzazione della Sanità in Germania è ancora tutta da inventare, e quel poco che è stato fatto, non è stato ancora completato. A denunciarlo è il Deutsches Ärzteblatt , l’organo ufficiale dell’Associazione dei medici tedeschi che è di gran lunga la rivista medica con la maggiore tiratura, 350 mila e passa le copie vendute alla settimana.

Nell’articolo che s’intitola, “La digitalizzazione delle Sanità non procede”, dopo aver ricordato che a maggio di quest’anno il governo federale aveva stanziato 50 milioni di euro per “l’ammodernamento tecnico dei percorsi sanitari”, il settimanale sottolinea che a tutt’oggi “non è stato elargito nemmeno un euro”, per individuare le giuste tecnologie da implementare nella guerra contro il coronavirus. Il lamento dei medici è a forti tinte, come mai era accaduto prima. Da anni essi reclamano il digitale nella Sanità, perchè – in Germania come altrove – non è soltanto una questione di tecnologia bensì di cultura, poiché rimodellando l’organizzazione del lavoro il digitale può aumentare i benefici per i pazienti, gli operatori e il sistema sanitario stesso.

Evidentemente, anche con la pandemia che incombe il problema non sembra sia considerato prioritario in un Paese nel quale, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera di qualche giorno fa, il presidente dell’Accademia federale per la Sicurezza, Ekkehard Brose, ha annunciato urbi et orbi che, “Il ruolo di leadership della Germania” sarà il “presupposto per un’Europa capace di agire in tutti i settori della politica europea”. Ciò servirà “sia per affrontare le minacce globali come il riscaldamento del pianeta, le migrazioni e le pandemie”, e infine “per competere nel campo dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie strategiche”.

Intanto, nell’attesa che le promesse del presidente Brose si concretizzino la Bayerischer Rundfunk ( BR ), l’emittente statale che dal 1926 trasmette i notiziari in tutta la Baviera, ha spiegato il perchè i resoconti degli ospedali giungono con tanto ritardo e tanta approssimazione all’Istituto Robert Koch, l’ente di controllo e della prevenzione delle malattie infettive in Germania, che gestisce gli interventi sulla pandemia. Riassumendo al massimo: per ciascun paziente che entra in ospedale sono necessari non meno di due giorni per diagnosticarne la malattia, e qualche altro ancora per registrarlo come persona infetta da coronavirus. La diagnosi viene poi ricopiata a mano su un modulo e inviata via fax al proprio distretto di riferimento, del tutto simile all’italiana SISP, (servizi di Igiene e Sanità pubblica) delle Asl. Ce ne sono 76 di distretti in tutta la Baviera precisa l’emittente di Monaco, per dare meglio l’idea del numero di persone impegnate nel lavoro di amanuense.

Infatti, in quegli uffici i referti degli ospedali sono di nuovo ricopiati e inviati sempre via fax all’ ente regionale della Salute e della Sicurezza nazionale, il quale a sua volta li inoltra allo Stato federato (in tedesco Länder). Con quale mezzo poi quest’ultimo li trasmetta all’istituto Robert Koch di Berlino al quale è assegnato il compito di tirare le somme, non è dato sapere. Come pure il tempo che si impiega con la trasmissione a colpi di fax, nel “ segnalare i casi positivi il più rapidamente possibile”, come invoca l’Istituto di Berlino.

Accade che, tra “carenze e confusioni” – spiega la Bayerischer Rundfunk – i risultati dei conteggio quotidiano dei malati e dei morti da Covid19 dei Länder e dell’istituto Kock siano spesso divergenti. Ragion per cui leggendo le statistiche tedesche, nessuno – in Europa e nel Mondo – saprà mai se i dati sono arrotondati ad arte per difetto o per eccesso. Meglio dire che i tedeschi i conti dei morti da coronavirus li fanno a occhio.

 

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Vincenzo Maddaloni
Vincenzo Maddaloni ha fondato e presiede il Centro Studi Berlin89, l'associazione nata nel 2018, che si propone di ripercorrere analizzandoli i grandi fatti del mondo prima e dopo la caduta del Muro di Berlino. Professionista dal 1961 (per un decennio e passa il più giovane giornalista italiano), come inviato speciale è stato testimone in molti luoghi che hanno fatto la storia del XX secolo. E’ stato corrispondente a Varsavia negli anni di Lech Wałęsa (leader di Solidarność) ed a Mosca durante l'èra di Michail Gorbačëv. Ha diretto il settimanale Il Borghese allontanandolo radicalmente dalle storiche posizioni di destra. Infatti, poco dopo è stato rimosso dalla direzione dello storico settimanale fondato da Leo Longanesi. È stato con Giulietto Chiesa tra i membri fondatori del World Political Forum presieduto da Michail Gorbačëv. È il direttore responsabile di Berlin89, rivista del Centro Studi Berlin89.
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