L'Iran con il Coronavirus, contare i morti sotto le sanzioni

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Il paese degli Ayatollah è costretto ad affrontare la pandemia in condizioni estreme per via delle sanzioni economiche americane che impedisconono tra l'altro alle banche iraniane di acquistare persino i farmici essenziali e le attrezzature ospedaliere. Sui social media assieme agli inviti a restare a casa, noti attori diffondono piccoli spot per rincuorare i concittadini. Nel frattempo in soccorso della popolazione più fragile si mobilita la beneficienza: nel Paese esiste una forte tradizione di volontariato e di associazioni benefiche, 

iran coro88Il Coronavirus ha colto il mondo intero di sorpresa, e l’Iran non fa eccezione. Qui però la nuova crisi si abbatte su un paese già isolato. Mette a dura prova un’economia già colpita dalla recessione e dalle sanzioni, e un sistema sanitario già sotto stress anche per la difficoltà di importare attrezzature e farmaci.  

Con quasi 17 e cinquecento mila casi di infezione e 1. 135 morti (al 18 marzo, secondo dati ufficiali), l’Iran è uno dei maggiori hotspot della pandemia, il secondo paese più colpito fuori dalla Cina dopo l’Italia (2.978 morti).

La diffusione del coronavirus nel paese non sembra legata a un problema nelle strutture sanitarie.
A differenza di altri paesi vicini, l’Iran ha un sistema sanitario ben sviluppato, con molti dottori e infermieri di buon livello.
A partire dalla Rivoluzione islamica del 1979, i servizi medici in Iran furono estesi alle parti più remote del paese e nel corso degli anni il sistema nazionale riuscì a superare crisi sanitarie piuttosto serie: per esempio eradicò la polio già negli anni Ottanta, facendo molto meglio di altri paesi del Medio Oriente, e lo scorso anno riuscì a bloccare la diffusione dell’Influenza virus B dopo che aveva ucciso oltre 100 persone.
 
Tuttavia, ha un numero di posti letto per abitante appena sufficiente in tempi normali, e ora gli ospedali straboccano. Inoltre, sconta - come detto - una cronica carenza di attrezzature e farmaci, soprattutto a causa delle sanzioni unilaterali applicate dagli Stati Uniti: anche se in teoria queste non riguardano il materiale sanitario, rimane il fatto che essendo le banche sono escluse dal sistema bancario globale rimangono bloccatti i normali canali di pagamento.
Infine, il 27 febbraio il governo svizzero ha ufficialmente varato un meccanismo finanziario per permettere l’acquisto da parte iraniana di medicinali, cibo e forniture “umanitarie”, ma deve ancora decollare. Insomma, come ha ricordato il presidente Rohani qualche giorno fa, “L’Iran è l’unico paese che stia combattendo l’epidemia sotto sanzioni”.
 
Cosicché dagli ospedali iraniani però continuano ad arrivare testimonianze di medici e paramedici costretti a lavorare perfino senza gli indumenti e guanti protettivi, che semplicemente mancano.
Questo accade in un paese nel quale, non più tardi del 12 marzo il ministro della Salute Saeed Namaki ha dichiarato al Consiglio di sicurezza nazionale che l’Iran è ancora lontano dal “picco” dei contagi e che il ritmo dei decessi continuerà ad aumentare verosimilmente fino a metà aprile.

Nell'attesa l’ufficio della guida suprema, l'ayatollah Kamenei ha annunciato la scorsa settimana che i medici e gli infermieri morti durante la lotta all’epidemia saranno dichiarati “martiri”, definizione altamente simbolica per i credenti, ma anche pratica, perché permette ai familiari di ottenere risarcimenti e pensioni.

Anche in Iran il coronavirus è arrivato da Wuhan.
L’Iran ha fitti contatti con la Cina; molti iraniani vi si recano per affari, centinaia di tecnici cinesi lavorano nel paese. La prima vittima in effetti è stat un uomo d’affari iraniano tornato appunto da Wuhan in Cina; sembra che la seconda fosse un medico.
Pochi giorni dopo, il 24 febbraio, il ministero della Salute ammetteva alcune decine di casi e 12 morti.
 
Quello stesso giorno un deputato eletto a Qom ha dichiarato a un’agenzia stampa che i morti erano in realtà più di 50.
Qom, città santa a 150 chilometri a sud della capitale Teheran e un'importante meta di pellegrinaggio per i musulmani sciiti, sia iraniani che provenienti da altri paesi vicini. È anche molto frequentata da dirigenti politici e religiosi che fanno la spola con la vicina Teheran: forse questo spiega perché tra i primi contagi dichiarati ci siano numerosi deputati, insieme a alti funzionari, la vicepresidente della repubblica Massumeh Ebtekhar, il viceministro della Salute, uno dei più stretti consiglieri della Guida Suprema. Un altro dei suoi massimi consiglieri, Mohammad Mirmohammadi, è tra i primi morti che sono stati registrati a Teheran.

Il contagio di diversi funzionari e politici iraniani è uno degli elementi che fa pensare che il numero dei contagiati sia molto più alto delle cifre ufficiali dichiarate. Questa realtà sarebbe comprovata da una serie di stime che si basano sia sul dato dei politici e dei funzionari malati, sia su altri dati a disposizione.

Comunque sia una cosa è certa: Un triste Nowruz si prepara in Iran. Per la prima volta da decenni il Capodanno persiano, che cade il 20 marzo, non vede le feste, le celebrazioni pubbliche, né gli scambi di regali e le visite tra vicini con noci e frutta secca che accompagnano la più importante festività dell’anno. Viaggi e vacanze sono cancellati, gli iraniani stanno serrati in casa, il Covid-19 non fa sconti anche a Teheran.

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