Se Venezia prendesse esempio da Berlino
Cinquanta mila crocieristi in un giorno. L'obiettivo è condividere una diversa idea di città rispetto all' oggi.
Una proposta concreta dalla capitale tedesca per trasformare parte delle affittanze turistiche in affittanze per residenti di medio periodo e arginare la turistificazione di Venezia, restituendo vivibilità e opportunità economiche al di fuori dell'industria del turismo.
L’ultimo caso limite risale a qualche mese prima che scoppiasse la pandemia, quando hanno attraccato alla Stazione Marittima 17 navi da crociera, di cui 6 superiori alle 70 mila tonnellata di stazza, e ognuna di queste trasporta una media di 2700 passeggeri.
Aggiunti i passeggeri delle navi minori, considerato l’imbarco e lo sbarco, si è scaricata in città una ondata di 50 mila crocieristi e membri di equipaggio, un numero pari all’intera popolazione residente nel centro storico. A questo flusso si aggiungono i 50/60.000 escursionisti che visitano la città in un qualsiasi fine settimana di settembre.
In controtendenza c'era già prima che scoppiasse la pandemia, l’allarme sul fatto che la spesa del turista medio in città andava costantemente declinando e che gli alberghi segnavano un calo delle presenze, è il pericoloso segnale di un esito distorto dell’attrattività turistica mondiale di questa città.
La realtà di prima del Coronavirus era che, gli escursionisti giornalieri non soltanto superavano i turisti “pernottanti” – di per sé segnale di un deterioramento della qualità del turismo - ma superavano l’insieme di questi ultimi e dei residenti. Uno tsunami che deteriora l’offerta di servizi (negozi, ristoro, trasporti) che ad esso si adegua e che soddisfa ormai prevalentemente la domanda del turista di passaggio (e il crocierista è un turista escursionista). È senza senso dire che tanti turisti fanno bene all’economia della città perchè rappresentano comunque un aumento della domanda (il “frigorifero pieno” del sindaco) senza interrogarci sulla qualità del contenuto. È pieno di patate o di funghi porcini?
In queste condizioni fare una politica che accresca il flusso dei turisti, qualsiasi essi siano, “basta riempire il frigorifero”, equivale a fare il male della città.
Sono necessarie invece delle misure che invertano il trend al declino della qualità del turismo, e salvino i brandelli rimasti di quella coesione sociale della città che pur permane. Ne abbiamo avuto un esempio nei tanti cittadini convenuti sulla riva delle zattere e a bordo del centinaio di imbarcazioni che hanno manifestato nel canale della Giudecca la scorsa domenica contro il passaggio delle grandi navi. Si può pensare a una politica turistica diversa?
Innanzitutto la città ha bisogno di energie giovani e ringiovanire una città “vecchia” si può fare solo immettendo forze fresche dall’esterno utilizzando appieno la sua straordinaria attrattività. Pensiamo agli artisti, agli studenti, ai ricercatori, a coloro che praticano le attività legate al mare, al restauro, all’erosione, alle lagune, a chi lavora nei campi dove la città ha un innegabile vantaggio “storico e naturale”.
Pensiamo a una Biennale, che unisca a una meritoria attività espositiva e di documentazione, un’attività di laboratorio d’ arte, che incentivi e aiuti la permanenza di giovani a Venezia; cosa fattibile specialmente oggi che la biennale gestisce una grande parte dell’Arsenale.
Pensiamo alle tante università straniere che di frequente guardano a sedi estere per rendere i loro studenti sempre più cittadini del mondo, unendo allo studio la permanenza in un altro paese, l’incontro con altre realtà.
Si deve puntare gradualmente alla trasformazione di parte delle affittanze turistiche in affittanze per residenti di medio periodo, che lavorano in campi nei quali Venezia esercita una specifica attrattiva, e che hanno esigenze e consumi affini a quelli dei residenti. Le risorse per quanto riguarda gli alloggi ci sono. Pernottano oggi a Venezia almeno 30-40 mila persone al giorno in media e gli appartamenti ad uso turistico superano le 5 mila unità.
Non si può dirottare il 20 per cento dell’offerta di tali alloggi alla residenza di questi ceti giovanili? Non si possono sperimentare limiti e incentivi sulle locazioni, con accorgimenti che stanno prendendo piede in tutte le principali città? Berlino, Parigi, Madrid, Londra, Amsterdam, NY, San Francisco oltre la solita Barcellona? Si riducano le giornate massime di locazione turistica (come in tutte le città sopra ricordate), si crei la categoria del residente temporaneo con dei vantaggi tariffari e fiscali, si controlli finalmente l’evasione nell’affitto turistico che è altissima e si pretenda la tassa di soggiorno (aumentata) alla fonte, e il dirottamento dell’offerta di alloggi seguirà.
Berlino ha limitato l’affitto turistico di “appartamenti interi”, e con questa misura ha riportato sul mercato della residenza 8.000 unità, 1/3 dello stock. Certo tutto questo dopo aver doverosamente messo in locazione le case sfitte del patrimonio pubblico, meglio se in forme di autorestauro, senza esborso di denaro pubblico (che per queste cose manca sempre), e anche qui Venezia può tracciare una strada con forme di autorestauro molto interessanti, già in essere, che vanno valorizzate.
Obiettivo è condividere una diversa idea di città rispetto a quella di oggi. Se distruggiamo la vita della città, distruggiamo il patrimonio che ci è stato consegnato ma distruggiamo anche la esperienza che della vita di Venezia il visitatore può fare, e così rinunciamo alla parte più dinamica, ricca e interessante degli stessi flussi turistici, quella che andrebbe invece attratta e valorizzata in tutti i modi.
Per saperne di più clicca su: IL DIVORZIO DELLE BEFFE TRA VENEZIA E GRANDI NAVI - Dossier
Gianni Fabbri è un architetto che si è laureato presso lo IUAV nel 1965 con Giuseppe Samonà, ha sempre affiancato l'esercizio della professione alla ricerca e all'attività universitaria. E' stato uno dei fondatori del "Gruppo Architettura" nel 1968 e ne fece parte fino allo scioglimento nel 1975. Direttore della Laurea magistrale dal 2007 al 2009. Fino al 2009 è stato un componente del Collegio dei Docenti del “Dottorato di ricerca in Composizione architettonica” dell'Università Iuav di Venezia, mentre dal 2010 vi partecipa in qualità di “esperto di alta qualificazione”.
Giuseppe Tattara, membro del comitato “No Grandi Navi”, docente universitario in pensione e autore del saggio “E’ solo la punta dell’iceberg” che approfondisce i costi e i benefici del crocierismo a Venezia.