Un puzzo di Reich aleggia su Berlino
Quelli della Rheinmetall, pluricentenaria azienda tedesca di armamenti hanno dichiarato che, vogliono produrre in Ucraina più carri armati, più munizioni, più cannoni di contraerea. Naturalmente, nessun commento da parte loro sul prezzo delle azioni del gruppo salito alle stelle.
Tutti i soldati della 45a Brigata di stanza in Lituania indossano il nuovo stemma sulle loro uniformi. È un simbolo della nuova alleanza tra Lituania e Germania.In Lituania, dal primo di aprile è operativa la 45a Brigata corazzata composta da quattro mila soldati tedeschi. Sono già iniziati gli addestramenti e le esercitazioni lungo la costa orientale che guarda alla Russia.
In sintonia, il cancelliere Merz ha affermato che, sotto la sua guida,
“il dibattito sulle forniture di armi, sui calibri, sui sistemi d’arma e via discorrendo sarà tenuto lontano dagli occhi dell’opinione pubblica”.
Poiché la guerra in Ucraina è soltanto un mezzo per raggiungere un fine, il nuovo governo potrebbe, finalmente, soddisfare la richiesta di Zelenski dei missili da crociera Taurus con una portata superiore a cinquecento chilometri e con un'” esclusiva testata multi effetto" che, stravolgerebbe le dinamiche di combattimento creando - sostengono - i presupposti per la vittoria.
Ma con la censura è tutto tondo non si saprà se il Cancelliere approverà la fornitura, anche perché le decisioni del governo sul rifornimento di armamenti all'Ucraina non dipendono dall’approvazione del Parlamento. Anche sul fatto che la Russia abbia dichiarato di considerare il trasloco dei Taurus a Kiev al pari di una dichiarazione di guerra, non c'è risposta. La censura funziona.
Oramai, è passato più di un terzo di secolo dall'unificazione tedesca, e Gerhard Schroeder e Angela Merkel, i leader per eccellenza della prima fase della Germania post-unificazione, appartengono alla storia. Adesso siamo nell’èra delle pianificazioni a lungo termine, ma nessuno poteva prevedere un ritorno del militarismo dal momento che, la storia tedesca è segnata da due date – 1918 e 1945 – che rappresentano per il militarismo due fallimenti catastrofici.
Benché Il termine possa apparire iperbolico, se s’intende per militarismo una sindrome nefasta che, esalta il prestigio sociale e il potere politico dell’ appartenenza alle forze armate, la Germania lo rappresenta bene. Basta ripercorrere la storia del Paese alla “vigilia” delle Prima e poi della Seconda Guerra Mondiale per capire che, il militarismo in Europa è una patologia politica tutta tedesca che, si tramanda da generazione a generazione.
L’ ennesima conferma è racchiusa nel testo dell'accordo di governo del 9 aprile tra la CDU conservatrice e il Partito Socialdemocratico (SPD) che si autonomina di sinistra. Alla voce "Politica estera e di difesa" si legge:
"La nostra sicurezza è oggi più minacciata che, in qualsiasi altro momento dalla fine della Guerra Fredda. La minaccia più grande e diretta proviene dalla Russia, che è ormai al quarto anno di brutale guerra di aggressione contro l'Ucraina, in violazione del diritto internazionale, e continua ad armarsi su vasta scala. La ricerca del potere da parte di Vladimir Putin è diretta contro l'ordine internazionale basato sulle regole... Creeremo tutte le condizioni necessarie affinché la Bundeswehr [Forze Armate] possa svolgere appieno il compito di difesa nazionale e di alleanza. Il nostro obiettivo è che la Bundeswehr fornisca un contributo fondamentale alla capacità di deterrenza e difesa della NATO e diventi un modello per i nostri alleati.Forniremo all’Ucraina un supporto completo affinché possa difendersi efficacemente dall’aggressore russo e affermarsi nei negoziati…”.
Riassumendo al massimo, la nuova coalizione sta indirizzando l'opinione pubblica tedesca, insieme al resto del mondo, a considerare la presenza di truppe tedesche stanziate fuori dei confini nazionali, un fatto normale. L'idea è di riproporre la Germania come modello militare per il resto d'Europa. Non a caso il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, lanciò qualche mese fa la proposta di rintrodurre il servizio militare obbligatorio, abolito nel 2011.
Un’altra conferma della voglia di “far bene” è la nuova legge secondo la quale, tutti i settori strategici come lo sono i servizi sanitari devono essere "adattati" alle esigenze della guerra e alle conseguenze di un conflitto. Per gli ospedali, significa fornire posti letto ai feriti di guerra, imparare a curare le ferite dei proiettili.
L'Esercito ha fatto sapere che vuole ospedali in grado di ricoverare mille feriti di guerra al giorno. E’ fin troppo facile prevedere che, i pazienti civili non saranno curati o lo saranno solo in un secondo momento. Alcune cliniche stanno già prestando assistenza ai feriti di guerra ucraini. Gli esempi dell'Ucraina e di Israele vengono citati esplicitamente per sottolineare l'urgenza della cooperazione civile-militare.
Va pure ricordato che, in Germania come del resto nell'Unione europea, la maggioranza della popolazione interiorizza la propaganda anti-russa, vive nella paura e si fida delle istituzioni. Poi c’è una un’altra parte di popolazione, che non vuole modificare le condizioni esistenti, lo stile di vita, privarsi dei propri privilegi. Così pensando si identifica con lo Stato e, come gli antichi crociati coltiva le immagini del nemico, si impegna in giudizi guerrafondai.
A proposito di politici zelanti il 18 marzo è già diventato nell’immaginario collettivo una data storica, poiché in quel martedì il parlamento tedesco aveva rimosso il limite costituzionale al debito pubblico, approvando una spesa di mille miliardi di euro per la difesa.
Decisivo è stato il sostegno dei media mainstream chiaramente impegnati in una campagna persistente e mirata. Infatti, tutto ruota intorno all’affermazione ripetuta all’infinito - la Russia marcerà oltre l’Ucraina - che, alimenta la paura, persino la disperazione. L’obiettivo è convincere i tedeschi che non ci sono alternative alla rimilitarizzazione, che è un dovere svegliarsi, abbandonare il sogno della pace, diventare kriegstüchtig, preparati e pronti alla guerra.
Dopotutto le vecchie inibizioni sono per lo più scomparse, molti tabù sono stati frantumati, la guerra in Ucraina, gli strilli della commissaria Ursula von der Leyen, hanno spalancato “porte”, creato una disponibilità maggioritaria al riarmo, come mai era accaduto dopo la caduta del Muro.
A pianare i dubbi sulla autenticità della vocazione militarista c’è anche il fatto che, Friedrich Merz prima della nomina a cancelliere è stato alla guida di BlackRock Asset Management Deutschland , la filiale tedesca del più importante gestore patrimoniale al mondo BlackRock, una delle tre grandi del complesso militare industriale mondiale, (coordinerà la prevista “ricostruzione” dell’Ucraina). I critici lo considerano un potenziale conflitto di interessi che costringerà Merz a dimettersi, ma finora le loro conclusioni hanno il valore di un commento.
Stando così le cose, affermare che si avverte puzzo di un nuovo German Reich, non è affatto esagerato, anzi il solo pensiero è da brividi perché è presagio di una scossa sismica squassante per l’intera Unione europea. Gli effetti del militarismo tedesco sono collaudati, provate a pensarci.
Vincenzo Maddaloni con questo libro cerca di spiegare con i fatti perché la voglia di rivoluzione - nei molti sensi di questo vocabolo - è in Occidente un sentimento in crescita, da quando la cretineria in politica s’è rivelata un formidabile alimentatore della disperazione collettiva. Voglia di Rivoluzione. Storia e storie di un desiderio inappagato Nexus Edizioni, giugno 2024.
Vincenzo Maddaloni, giornalista professionista e saggista, come inviato speciale è stato testimone in molti luoghi che hanno fatto la storia del XX secolo. E’ stato corrispondente a Varsavia negli anni di Lech Wałęsa (leader di Solidarność) ed a Mosca durante l'èra di Michail Gorbačëv. Ha diretto il settimanale Il Borghese allontanandolo radicalmente dalle storiche posizioni di destra. Infatti, poco dopo è stato rimosso dalla direzione dello storico settimanale fondato da Leo Longanesi. È stato con Giulietto Chiesa tra i membri fondatori del World Political Forum presieduto da Michail Gorbačëv. È il direttore responsabile di The Berlin89, magazine del Centro Studi Berlin89.