Ottobre 2024. La Rivoluzione dei Brics
Guardiamolo con occhi disincantati questo gruppo dei Brics che, ha raddoppiato i suoi componenti. Nato nel 2009 con Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (da cui l'acronimo Brics), dal gennaio del 2024 ha accolto quattro nuovi membri: Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti.
I Brics rappresentano più di un quarto delle terre emerse del mondo, producono attualmente il 20% del Pil mondiale e controllano il 16% del commercio internazionale, con 3 miliardi di persone (più del 42% della popolazione mondiale), un’area di circa 38,5 milioni di chilometri quadrati e un’enorme quantità di risorse naturali e ingenti riserve monetarie.
Certo è che, I massimi leader di 36 paesi, così come il Segretario generale delle Nazioni Unite, hanno partecipato all'evento di Kazan capitale dell’omonimo khanato tataro sorto dalle ceneri dell’Impero mongolo di Gengis Khan, conquistata da Ivan il Terribile che, con quella vittoria trasformò la Russia da principato in impero e ne divenne lo zar. Una scelta mirata, quella di Putin.
Infatti a Kazan "splendente di storia gloriosa" il presidente della Russia ha rivelato che, "trentaquattro paesi hanno espresso interesse ad aderire al club, in una forma o nell'altra". Tanto fermento riflette il crescente desiderio di molte nazioni di sfidare quello che percepiscono come un ordine mondiale ancora dominato dall'Occidente.
Nella nuova guerra fredda di oggi, l’ideologia neoliberista dell’Occidente mobilita la paura e l’odio verso “l’altro”, demonizzando le nazioni che seguono un percorso indipendente come “regimi autocratici”. Il razzismo vero e proprio è promosso nei confronti di interi popoli, come è evidente nella russofobia e nella cultura di cancellazione che sta attraversando l’Occidente.
Quando le riserve estere possono essere congelate, come è stato per la Russia, il Venezuela, l'Iran e l'Afghanistan, allora nessun paese può sentirsi al sicuro. Molte banche centrali, inclusa quella cinese , hanno acquistato oro per le loro riserve e venduto titoli statunitensi . Le sanzioni statunitensi alla Cina rischiano una guerra commerciale globale, danneggiando le industrie occidentali.
Sta diventando sempre più chiaro che le politiche di sanzioni statunitensi per mantenere il dominio globale, sebbene dannose e in aumento, potrebbero aver superato l'apice della loro efficacia. I controlli sulle esportazioni potrebbero essere ancora più distruttivi, ma è probabile che anche il loro esito non raggiunga l'obiettivo finale.
Quest’ansia perversa di salvaguardare il dollaro e con esso il governo dell’America sul mondo, s'è riversata sulla guerra in Ucraina, rischiando davvero di mettere in gioco gli equilibri geopolitici dell’intero pianeta. In questo scenario l’Europa si configura come fosse il 51mo Stato degli Stati Uniti, tanto è assertiva e in sintonia con le conclusioni di Washington, che i governanti d'Europa eseguono con zelo, poco importa se la crisi economica graverà soprattutto su di noi. Infatti, l’Europa dovrà lottare per rimanere competitiva nell’industria globale.
I Brics con le loro istanze, divergenti rispetto a quelle dell’Occidente ma anche all’interno dello stesso blocco sono un colosso economico, una sfida al G7 . Beninteso, è un progetto a lungo termine, ma La dichiarazione congiunta rilasciata dopo il recente vertice di Kazan ha individuato una serie di piani, tra cui un sistema di pagamento internazionale che penalizzerebbe il dollaro statunitense ed eluderebbe le sanzioni occidentali.
Questo è il risultato di un’alleanza nella quale ciascun Paese è sostanzialmente differente dall’altro, non soltanto per razza o colore o fede, ma anche per come ciascun Paese del gruppo si amministra. Insomma, nonostante tutto la formula funziona, e l’obiettivo che il gruppo si pone è di rivoluzionare il mercato globale piuttosto che quello regionale o locale. Il che vuol dire, per prima cosa, diversificare le valute di riferimento in modo che il dollaro non sia più l’unica moneta di pagamento a livello mondiale.
Sicché si sono confermate le previsioni di Arvind Subramanian e Martin Kessler del "Peterson Institute for International Economics" statunitense, che disegnano un quadro nel quale la moneta nazionale cinese – il renminbi, il RMB – si rafforza mentre il dollaro s’indebolisce. I due studiosi ricordano che, dalla metà del 2010 il RMB ha fatto passi da giganti come valuta di riferimento rispetto al dollaro e all’euro. «Le valute di Corea del Sud, Indonesia, Malesia, Filippine, Taiwan, Singapore e Thailandia ora sono collegate più al RMB che al dollaro. Il predominio del dollaro come moneta di riferimento in Asia orientale è ora limitato a Hong Kong, Vietnam e Mongolia». Pertanto, «Il dollaro e l’euro hanno ancora un ruolo che va ben al di là di quello del RMB, ma tutto sta cambiando a favore della moneta cinese», concludono Arvind Subramanian e Martin Kessler.
Infatti, dopo il vertice di Kazan, la maggior parte degli osservatori ritiene che, tra uno o due decenni, gli Stati Uniti avranno fatto i conti con l'essere soltanto una delle numerose potenze importanti. Il dollaro diventerà una parte di un paniere di valute di riserva. La domanda è se Washington può impegnarsi nella cooperazione piuttosto che nella competizione, in questioni che riguardano l'umanità in generale. I vantaggi potrebbero essere enormi.
Resta il fatto che, come i suoi predecessori alla Casa Bianca, anche il Presidente Biden ha caratterizzato l’interferenza statunitense come garanzia della sua nuova antitesi tra “democrazia” e “autocrazia”. Per democrazia intende un’oligarchia clientelare sotto il controllo degli Stati Uniti, che crea ricchezza finanziaria riducendo gli standard di vita dei lavoratori, in contrapposizione alle economie miste pubblico-private che mirano a promuovere gli standard di vita e la solidarietà sociale. Non credo che con l’elezione del nuovo presidente ci sarà un ribaltamento. Democratico o repubblicano, il nuovo presidente procederà sulla stessa strada. L’America è primaditutto questa.
I Brics nella dichiarazione congiunta rilasciata dopo il recente vertice confermano l'impegno con il Sud del mondo, la promozione del multilateralismo e della multipolarità, il sostegno alla riforma delle Nazioni Unite e la critica al regime di sanzioni occidentale. Così operando il gruppo sembra pronto a iniziare a mettere in pratica la sua visione di lunga data, espressa con enfasi da Pechino e Mosca, di fungere da contraltare all'Occidente.
Resta il fatto che India e Cina i due paesi più popolati del pianeta, e la Russia, il paese più grande per estensione, sono di nuovo in amichevoli rapporti. E’ tutto un mondo in movimento. Un esempio? La Cina è diventata il primo partner commerciale della Russia, che a sua volta, dopo aver superato l’Arabia Saudita, è il primo esportatore di energia (oltre che di tecnologia militare) nei confronti della Repubblica Popolare, via terra per di più, che le permette di evitare i tratti di mare controllati dalle flotte americane. Insomma, a Kazan i Brics hanno innescato la rivoluzione d'Ottobre del secondo Millennio, almeno questa è la sensazione a sentir loro.
Vincenzo Maddaloni con questo libro da poco uscito, Voglia di Rivoluzione. Storia e storie di un desiderio inappagato cerca di spiegare con i fatti perché la voglia di rivoluzione - nei molti sensi di questo vocabolo - è in Occidente un sentimento in crescita, da quando la cretineria in politica s’è rivelata un formidabile alimentatore della disperazione collettiva. Voglia di Rivoluzione. Storia e storie di un desiderio inappagato Nexus Edizioni, pagg.237, giugno 2024.