Nella guerra contro il Coronavirus si rischia brutto
Il virus che confina a casa propria un abitante terrestre su sette ci sta precipitando nella dittatura digitale.
Telelavoro, teleconsulenze mediche, ordinazione di prodotti di prima necessità, e poi cyber-scuola, cyber-consigli su « Come tenere occupati i vostri figli? », « Cosa mangiare? », « “Tutorial di isolamento” con l’astronauta Thomas Pesquet ». Quanto basta per trascorrere la vita sotto una campana di vetro in un ineludibile voluto autoisolamento. Se questa strategia del dominio delle menti si radica sarà la nostra rovina avvertono da Pièces et Main-d'Oeuvres, un gruppo di Grenoble impegnato in una critica radicale della nanotecnologia, della ricerca scientifica, del complesso militare-industriale. Si può essere d'accordo oppure no, ma è meglio esserne informati.
Il Centro Studi Berlin89 ritiene che aiutare i lettori a rimanere informati sull'impatto della crisi del Coronavirus sia un servizio utile poichè gli si consente di raggiungere articoli di contenuti come questo che volentieri pubblichiamo con il solo intento di ampliare lo sguardo sul libero scambio di idee.
Illustrazione di Glenn Harvey
Le idee, lo diciamo da lustri, sono epidemiche. Circolano di testa in testa più veloci dell’elettricità. Un’idea che si appropria delle teste diventa una forza materiale, come l’acqua che mette in moto la ruota del mulino. È urgente per noi, Scimpanzé del futuro, ecologisti, cioè anti-industriali e nemici della macchinazione, rinforzare la carica virale di alcune idee messe in circolazione in questi due ultimi decenni. Per servire a ciò che potrà.
1) Le “malattie emergenti” sono le malattie della società industriale e della sua guerra al vivente
La società industriale, distruggendo le nostre naturali condizioni di vita, ha prodotto ciò che i medici chiamano non a caso «le malattie della civilizzazione». Cancro, obesità, diabete, malattie cardio-vascolari e neuro-degenerative, in buona sostanza. Gli umani dell’era industriale muoiono di sedentarietà, di malnutrizione e di inquinamento, quando i loro antenati contadini ed artigiani soccombevano per le malattie infettive.
Eppure è un virus che nella primavera del 2020 confina a casa propria un abitante terrestre su sette, come per un riflesso ereditato dalle ore più buie della peste e del colera.
Oltre ai più vecchi fra di noi, il virus uccide soprattutto le vittime delle «malattie della civilizzazione». Non solo l’industria produce nuovi flagelli, ma indebolisce la nostra resistenza a quelli passati. Si parla di «comorbidità», come di «coworking» e di «covettura», queste fecondazioni incrociate di cui l’industria detiene il segreto (1).
«I pazienti che soffrono di malattie cardiache e polmonari croniche causate o aggravate da un’esposizione sul lungo termine all’inquinamento dell’aria sono meno in grado di lottare contro le infezioni polmonari e possono morire più facilmente”, avverte Sara De Matteis, professoressa di medicina del lavoro e dell’ambiente all’Università di Cagliari, Italia. È principalmente nelle grandi città che gli abitanti sarebbero più esposti a questi rischi (2).»
Ancora più efficace: la Società italiana di medicina ambientale ha scoperto un legame fra i tassi di contaminazione al Covid-19 e quelli del particolato fine presente nell’aria delle regioni più colpite d’Italia. Fatto già constatato per l’influenza aviaria. Secondo Gianluigi de Gennaro, dell’Università di Bologna [ndt: dalle testate italiane risulta dell’Università di Bari]:
«Le polveri stanno veicolando il virus. Fanno da carrier (vettore). Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi. (3)»
Quanto al virus di per sé, fa parte di queste «malattie emergenti» prodotte dalle devastazioni dello sfruttamento industriale del mondo e dalla sovrappolazione. Dato che gli umani hanno dissodato tutta la terra, è naturale che il 75% delle loro nuove malattie siano zoonotiche, cioè trasmesse dagli animali, e che il numero di queste zoonosi si sia quadriplicato in 50 anni. L’ebola, la Sars, l’influenza H5N1 [ndt: aviaria], l’HIV, il Covid-19 e tanti altri virus animali diventati mortalmente umani per il saccheggio degli ambienti naturali, la globalizzazione degli scambi, le concentrazioni urbane, il crollo della biodiversità.
La sedentarizzazione di una parte della specie umana e la domesticazione degli animali avevano permesso la trasmissione di agenti infettivi dagli animali agli uomini. Questa trasmissione si è amplificata con l’allevamento industriale, il bracconaggio, il traffico di animali selvaggi e la creazione di parchi faunistici.
La deforestazione, le grandi opere, l’irrigazione, il turismo di massa, l’urbanizzazione distruggono l’habitat della fauna selvaggia e spingono meccanicamente quest’ultima verso le zone di habitat umani. Non sono il lupo e il pipistrello ad invadere le città, ma le città che invadono il lupo e il pipistrello.
La società industriale ci ammassa. Nelle metropoli, dove il flusso e gli stock di abitanti sono regolati dall’apparato cibernetico. La metropoli, organizzazione razionale dello spazio sociale, deve diventare, secondo i piani dei tecnocrati, l’habitat del 70% degli esseri umani da qui al 2050. Il loro tecnotopo. Città-macchina per l’allevamento industriale degli uomini-macchina (5).
Ammassati sull’intera terra, calpestiamo i territori dei grandi primati, dei pipistrelli, delle oche selvatiche, dei pangolini. Promiscuità ideale per i contagi (dal latino tangere: toccare). Senza dimenticare il caos climatico. Se temete il virus, aspettate che si sciolga il permafrost.
Bisogna ricordarlo? L’umano, animale politico, dipende per la sua sopravvivenza dal suo biotopo naturale e culturale (eccetto quelli che credono che “la natura non esiste” e che si pensano come delle pure (auto)costruzioni, sicuramente immuni alle malattie zoonotiche). La società industriale prospera su una superstizione: si potrebbe distruggere il biotopo senza intaccare l’animale. Duecento anni di guerra al vivente (6) [nde: diverse migliaia di anni, in realtà] hanno reso sterili i suoli, sfinito le foreste, le savane e gli oceani, infettato l’aria e l’acqua, reso artificiali l’alimentazione e l’ambiente naturale, devitalizzato gli uomini. Il progresso spietato delle necrotecnologie ci lascia una Terra spolpata fino all’osso per una popolazione di 7 miliardi di abitanti. Il virus non è la causa, ma la conseguenza della malattia industriale.
Ma meglio prevenire che curare. Se si vogliono evitare pandemie ancora peggiori, bisogna uscire dalla società industriale. Restituire il proprio spazio alla vita selvaggia – ciò che ne resta –, fermare l’avvelenamento dell’ambiente e diventare degli Scimpanzé del futuro: degli umani che da poco traggono il meglio.
2) La tecnologia è la continuazione della guerra – della politica – con altri mezzi. La società della coercizione, ci stiamo entrando.
Nessuno, tranne noi, si può dire sorpreso di ciò che succede. L’avevamo predetto, noi e qualcun altro, i catastrofisti, gli uccelli del malaugurio, le Cassandre, i profeti della sventura, nel 2009, in un libro intitolato “Alla ricerca del nuovo nemico. 2001-2025: rudimenti di storia contemporanea”:
«Dalla parola “crisi” derivano etimologicamente il setaccio, il crimine, l’escremento, la discriminazione, la critica e, ovviamente, l’ipocrisia, questa [intesa] come facoltà d’interpretazione. La crisi è quel momento in cui, sotto il giogo della catastrofe – letteralmente del ribaltamento (epidemia, carestia, sisma, intemperie, invasione, incidente, discordia) –, la società messa sottosopra ritorna al caos, all’indifferenziazione, alla decomposizione, alla violenza di tutti contro tutti (René Girard, La violenza e il Sacro, Il capro espiatorio, e tutta la teoria mimetica). Il corpo sociale malato, bisogna purgarlo e dissanguarlo, distruggere gli agenti patogeni che lo infettano e lo lasciano senza difese di fronte alle aggressioni e alle calamità. La crisi è questo momento di inquisizione, di rivelazione e di diagnostica, in cui ciascuno cerca sugli altri il segno nefasto che denuncia il portatore del maleficio contagioso, mentre trema perché non lo si scopra su di sé e si cerchi di farsi degli alleati, di essere in un gran numero, di essere tutte le altre persone. Tutte le persone vogliono essere come tutti gli altri. Non è davvero il momento di distinguersi o di rendersi interessanti. […]
E fra le più annunciate negli anni a venire, la pandemia, che mobilita tanto la burocrazia mondiale della sanità, quanto l’esercito e le autorità delle megalopoli. Nodi di comunicazione e focolai di incubazione, queste favoriscono la diffusione volontaria o accidentale della febbre dengue, del chikungunya, della SARS, o l’ultima versione dell’influenza, spagnola, aviaria, suina, etc. […] Ben inteso, questa “crisi sanitaria” viene da una “crisi di civilizzazione”, come si dice “malattia della civilizzazione”, inconcepibile senza una certa mostruosità sociale e urbana, senza industria, in particolare agroalimentare e dei trasporti aerei. […]
Si vede il vantaggio che il potere e i suoi agenti Verdi traggono dalla loro gestione delle crisi, molto più che dalla loro soluzione. Queste crisi, dopo aver assicurato pletore di posti e di missioni di esperti ai tecnocrati e ai gestori del disastro, giustificano ormai, nel caos annunciato del crollo ecologico, la loro influenza totale e durevole [ndt: gioco di parole: “durable” può essere inteso sia nel suo senso lett. di “durevole, duraturo”, ma anche in espressioni come “développement/économie durable” nel senso di “sostenibile”]. Dal momento che lo Stato e la sua polizia sono indispensabili alla sopravvivenza in un mondo nuclearizzato, l’ordine verde e le sue tecnologie di controllo, di sorveglianza e di coercizione sono necessarie al nostro adattamento ad un mondo sotto una campana articiale. Quanto ai pessimi Terrestri che – per debolezza o per malizia – compromettono questo nuovo balzo in avanti del Progresso, questi costituiscono la nuova minaccia alla sicurezza globale (7).»
A rischio di ripetersi: prima, non ci siamo; dopo, non ci siamo più. Prima, non si può dire. Dopo, va da sé.
L’ordine sanitario offre una prova generale, un prototipo dell’ordine Verde. La guerra è dichiarata, annuncia il Presidente Macron. La guerra, e ancora di più la guerra totale, teorizzata nel 1935 da Ludendorff, esige una mobilitazione totale delle risorse sotto una direzione centralizzata. Essa è l’occasione di accelerare il processo di razionalizzazione e pilotaggio dei senza-potere, in nome del primato dell’efficienza. Niente è più razionale né più destinato all’efficienza della tecnologia. L’isolamento deve essere ermetico, e noi abbiamo i mezzi per farlo rispettare.
Droni di sorveglianza in Cina e nella campagna piccarda; geolocalizzazione e videocontrollo dei contaminati a Singapore; analisi dei dati virtuali e delle conversazioni da parte dell’intelligenza artificiale per tracciare i contatti, gli spostamenti e le attività dei sospetti in Israele (8). Un’équipe del Big Data Institute dell’Università di Oxford sviluppa un’applicazione per smartphone che geolocalizza costantemente il suo proprietario e lo avverte in caso di contatto con un portatore del virus. A seconda del grado di prossimità, l’applicazione ordina l’isolamento totale o la semplice distanza di sicurezza, e dà delle indicazioni alle autorità per disinfettare i luoghi frequentati dal contaminato (9).
«I dati personali, in particolare i dati degli operatori telefonici, sono anche utilizzati per assicurarsi che siano rispettate le misure di quarantena, come in Corea del Sud o a Taiwan. È anche il caso dell’Italia, dove le autorità ricevono dei dati dagli operatori telefonici, hanno spiegato in questi ultimi giorni due responsabili sanitari della regione Lombardia. Anche il governo britannico ha ottenuto questo tipo di informazioni da parte di uno dei principali operatori telefonici del Paese (10).»
In Francia, Jean-François Delfraissy, il presidente del Comitato consultivo nazionale di etica e del «consiglio scientifico» incaricato della crisi del coronavirus, evoca l’eventualità del tracciamento elettronico nel corso di un’intervista radiofonica.
«La guerra è quindi un atto di violenza destinato a obbligare l’avversario ad eseguire la nostra volontà». Persino quelli che non hanno letto Clausewitz, sanno oggi che la tecnologia è la continuazione della guerra con altri mezzi. La pandemia è il laboratorio del tecno-totalitarismo, ciò che gli opportunisti tecnocrati hanno capito bene. Non si fa resistenza in periodo di incidenti nucleari o di epidemia. La tecnocrazia ci avvelena e poi ci opprime, col buon motivo di proteggerci dai suoi propri misfatti.
Lo diciamo da quindici anni: «La società del controllo, l’abbiamo superata; la società della sorveglianza, ci siamo; la società della coercizione, ci stiamo entrando.»
Quelli che non rinunciano allo sforzo di essere liberi converranno con noi che il progresso tecnologico è l’opposto e il nemico del progresso sociale e umano.
3) Gli esperti al comando dello stato d’emergenza: il potere ai piromani pompieri.
Dopo averci portato alla catastrofe, gli esperti della tecnocrazia pretendono di salvarci, in nome della loro competenza tecno-scientifica. Esiste solo una migliore soluzione tecnica, quella che risparmia vani dibattiti politici. «Ascoltate gli scienziati!» frigna Greta Thunberg. È a questo che servono lo stato di emergenza sanitario e il governo per ordinanze: a ubbidire alle «raccomandazioni» del «consiglio scientifico» e del suo presidente Jean-François Delfraissy.
Questo consiglio creato il 10 marzo da Olivier Véran (11), su richiesta del presidente Macron, riunisce degli esperti in epidemiologia, infettologia, virologia, rianimazione, modelizzazione matematica, sociologia e antropologia. Le pretese «scienze umane» sono come al solito incaricate di valutare l’accettabilità delle decisioni tecniche – all’occorrenza la coercizione in nome dell’interesse superiore della salute pubblica.
Eccellente scelta quella di Delfraissy, un uomo che vive al passo coi tempi, così come l’abbiamo scoperto in occasione dei dibattiti sulla legge di bioetica:
«Ci sono delle innovazioni tecnologiche che sono così importanti che si impongono a noi. […] C’è una scienza che si muove, che non può essere fermata. (12)»
In questi ultimi cinquant’anni, infatti, le innovazioni tecno-scientifiche ci sono state imposte ad una velocità e con una violenza senza eguali. Inventario non esaustivo: nuclearizzazione del pianeta; OGM e biologia sintetica; pesticidi, plastiche e derivati dell’industria chimica; nanotecnologie; riproduzione artificiale e manipolazioni genetiche; digitalizzazione della vita; robotica; neurotecnologie; intelligenza artificiale; geo-ingegneria.
Queste innovazioni, «questa scienza che si muove», hanno sconvolto il mondo e le nostre vite per produrre la catastrofe ecologica, sociale e umana in corso e i cui progressi si annunciano folgoranti. Queste innovazioni faranno procedere i loro misfatti grazie a 5 miliardi di euro che lo Stato ha assegnato loro approfittando della pandemia, uno sforzo senza precedenti dal 1945. Non tutti moriranno di virus. Alcuni ne usciranno bene.
Non si sa quanto di questi 5 miliardi andrà ad esempio ai laboratori di biologia di sintesi, come quello del Genopole d’Évry. La biologia di sintesi, ecco un’«innovazione così importante che si impone a noi». Grazie ad essa, e alla sua capacità di fabbricare artificialmente degli organismi viventi, gli scienziati hanno ricreato il virus dell’influenza spagnola che ha ucciso più della Grande Guerra nel 1918 (13).
Distruzione/riparazione: ad ogni colpo i piromani pompieri vincono. La loro volontà di potenza e la loro capacità di agire hanno devastato abbastanza la nostra sola Terra. Se vogliamo fermare l’incendio, tiriamo via gli accendini dalle loro mani, smettiamo di rimetterci [in quelle] degli esperti del sistema tecno-industriale, riprendiamo il controllo della nostra vita.
4) L’incarcerazione dell’uomo-macchina nel mondo-macchina. L’effetto cliquet della vita senza contatto.
Il contatto è il contagio. L’epidemia è l’occasione sognata di farci passare nella vita sotto comando digitale. Non ci voleva tanto, i Terrestri erano ormai già tutti impiantati di protesi elettroniche. Quanto ai ritardatari, riducono a gran velocità la loro frattura digitale in questi giorni, per sopravvivere nel mondo-macchina contaminato:
«Le vendite di computer decollano con l’isolamento. […] Vengono chiesti tutti i prodotti, dalle apparecchiature di alta qualità per le videoconferenze al pc col tele-lavoro, passando per la tavoletta o il pc a basso costo per attrezzare un bambino. Anche le vendite di stampanti procedono. I francesi che hanno i mezzi finanziari stanno ricostituendo il loro ambiente lavorativo a casa (14).»
Saremmo davvero degli ingrati a criticare la digitalizzazione delle nostre vite, nel mondo in cui la vita si mantiene con il wireless senza-contatto (touchless). Telelavoro, teleconsulenze mediche, ordini di prodotti di prima necessità su Internet, cyber-scuola, cyber-consigli per la vita sotto una campana di vetro – « Come tenere occupati i vostri figli? », « Cosa mangiare? », « “Tutorial di isolamento” con l’astronauta Thomas Pesquet », « Organizzate un Aperi-skype », «Dieci serie per schiarirsi le idee», «Bisogna restare in tuta? ». Grazie a WhatsApp «“non mi sono mai sentita così vicina ai miei amici”, constata Valeria, 29 anni, capa di un progetto di intelligenza artificiale a Parigi (15).»
Nella guerra contro il virus, è la Macchina che vince. Madre-Macchina che ci mantiene in vita e si occupa di noi. Che colpo di acceleratore per il “pianeta intelligente” e le sue smart cities (16). Passata l’epidemia, quali buone abitudini saranno state prese, che gli Smartiani non perderanno più. Così, passati i bug e il periodo di adattamento, la scuola a distanza si sarà messa alla prova. Idem per la telemedicina che sostituirà i dottori nei deserti medici come fa in questi tempi di saturazione ospedaliera. L’«apparato generale» (Marx) del mondo-macchina sta rodando i suoi meccanismi con un esperimento a livello di un laboratorio planetario.
Niente per far preoccupare la sinistra ed i suoi portavoce. I più estremi, da Attac a Lundi Matin, stanno ancora a contestare a gran voce il capitalismo, il neoliberalismo, la cassa dei servizi pubblici e la mancanza di mezzi. Un’altra epidemia è possibile, con le maschere e il personale sanitario ben pagato, e non sarebbe successo nulla se l’industria automobilistica, le fabbriche chimiche, le multinazionali informatiche fossero state gestite collettivamente, seguendo i principi della pianificazione democratica assistita dal computer.
Illustrazione di Glenn Harvey
Abbiamo bisogno di maschere e di personale sanitario ben pagato. Abbiamo soprattutto bisogno di guardare in faccia l’imballarsi del sistema industriale, e di combattere il forsennato accecamento degli industrialisti.
Noi, anti-industriali, ossia coerenti ecologisti, siamo sempre stati una minoranza. Un saluto a Giono, Mumford, Ellul & Charbonneau, Orwell e Arendt, Camus, Saint Exupéry, e a tutti gli altri che avevano visto tutto, detto tutto. E che ci aiutano a pensare a ciò che ci succede oggi. Dato che abbiamo del tempo e del silenzio, leggiamo e meditiamo. Nel caso in cui ci incappassimo in un’uscita di emergenza.
Per saperne di più vai al DOSSIER: Peste e Rabbia da Covid-19
Notes
1. Si ricordi che l’inquinamento dell’aria uccide ogni anno 48.000 francesi e più di 100 grenoblini.
2. HTTP://WWW.ACTU-ENVIRONNEMENT.COM, 20/03/20.
3. Idem.
4. Riviste Nature e Science, citate da Wikipedia.
5. Cf. Retour à Grenopolis, Pièces et main-d’œuvre, marzo 2020, HTTP://WWW.PIECESETMAINDOEUVRE.COM
6. Cf. J.-P. Berlan, La guerre au vivant, Agone, 2001.
7. Pièces et main-d’œuvre, À la recherche du nouvel ennemi. 2001-2025 : rudiments d’histoire contemporaine, Éditions L’Échappée, 2009.
8. « Israël approves mass surveillance to fight coronavirus », HTTPS://WWW.YNETNEWS.COM, 17/03/20
9. HTTPS://WWW.BDI.OX.AC.UK/NEWS/INFECTIOUS-DISEASE-EXPERTS-PROVIDE
10. Le Monde, 20/03/20.
11. Il nuovo ministro della Sanità è un medico grenoblino, deputato LREM, dopo che ha sostituito la socialista Geneviève Fioraso, ex-ministra della Ricerca. Secondo Le Monde, « un ambizioso “sconosciuto” » che sa «piazzarsi» (lemonde.fr, 23/03/20).
12. Jean-François Delfraissy, intervista con Valeurs actuelles, 3/03/18
13. Virus ricreato nel 2005 dall’équipe del professore Jeffrey Taubenberger dell’Istituto di patologia dell’esercito americano, così come dai ricercatori dell’università Stony Brook di New York.
14. HTTP://WWW.LEFIGARO.FR, 19/03/20.
15. Le Monde, 19/03/20.
16. Cf. « Ville machine, société de contrainte », Pièces et main-d’œuvre, in Kairos, marzo 2020 e su PIECESETMAINDOEUVRE.COM
Fonte: le Partage
Autore: Pièces et Main-d' Oeuvres