Michail Gorbaciov che ha fatto la Storia del Novecento

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Quel secolo è stato definito «breve», proprio per avere egli fermato le lancette dell’orologio che ne segnava la durata alla fatidica data del 9 novembre 1989. La risoluzione pacifica dell’ultima crisi berlinese con l'abbattimento del Muro fu  dovuta interamente al Premier sovietico. E grazie sempre a lui si ebbe lo sganciamento progressivo e senza traumi degli Stati dell’Europa centro-orientale dal Patto di Varsavia, E la fine della "Guerra Fredda". Malgrado la sua sconfitta, il suo progetto politico sul «nuovo modo di pensare» merita di essere riconsiderato perché estremamente attuale.

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Quando Gorbaciov salì al potere, le parti più vive della sinistra europea erano alla ricerca di nuovi programmi e nuovi paradigmi per adeguarsi al mutare dei tempi. La sua proposta politica, incentrata sulla convenzione di una Casa comune europea, poteva trovare in esse degli interlocutori validi per unificare il vecchio continente?

Le risposte vennero da Mosca piuttosto che dall’Europa occidentale. Alcune di quelle forze intrattenevano rapporti significativi con il nuovo gruppo dirigente sovietico, ma anche in questi casi non mi pare che si superasse l’attendismo che in genere prevaleva verso l’«esperimento» russo. Sebbene la nuova leadership sovietica avesse ridisegnato in pochi anni l’agenda della politica mondiale, l’attenzione per la perestrojka (in italiano, “ristrutturazione”) era rivolta principalmente ai temi della politica interna dell’Urss.

L’atteggiamento delle sinistre occidentali non le era sfavorevole, ma l’interrogativo che si ponevano era se l’Urss ce l’avrebbe fatta a uniformarsi ai loro modelli, oppure no. Forse fu questa la ragione per cui, nella vera e propria “rivoluzione” innescata da Gorbaciov nella politica internazionale, la sinistra europea non riuscí ad avere un ruolo.

Una sfida per il socialismo europeo
È stato osservato da piú parti che la novità piú rilevante del «progetto Gorbaciov» era nella coerenza fra il disegno riformatore elaborato per la società sovietica e le proposte riguardanti le relazioni internazionali. L’osservazione coglieva il punto nodale di un auspicabile raccordo fra il socialismo europeo e la strategia del nuovo gruppo dirigente sovietico. Ma poteva dar luogo ad atteggiamenti politici diversi. Fatta quella constatazione ci si poteva limitare ad assegnare maggiore credibilità alle iniziative e alle riforme gorbaciovane raffrontate, poniamo, con quelle precedenti di Chruščëv, senza tuttavia oltrepassare la soglia della benevola attenzione. Oppure ci si poteva domandare se quella coerenza fra politica interna e politica internazionale interpellasse gli orientamenti, l’impegno e la responsabilità delle forze di progresso a scala mondiale.

Porsi questo secondo interrogativo (e cercare di rispondervi) avrebbe potuto essere un modo più proficuo per fissare un criterio distintivo del socialismo europeo dalle forze conservatrici. Il tema era impostato con decisione dalla leadership sovietica, la quale riconosceva apertamente che la frattura fra l’Urss e il socialismo europeo era scaturita dalla contraddizione originaria fra la politica interna e la politica internazionale del «socialismo in un paese solo», mai sanata dai successori di Stalin. Affermava Gorbaciov:

Nelle condizioni della perestrojka le uniformità delle nostre attività interne sullo scenario internazionale sono molto più evidenti e tangibili di quanto lo fossero mai state prima. Il nuovo concetto della politica estera sovietica, le sue direttive e le sue applicazioni pratiche rappresentano un’inedita proiezione della filosofia, del programma e della pratica della ristrutturazione interna.

E ancora:

L’essenza del nostro principio internazionalista consiste nel prendere decisioni importanti e significative all’interno e nel valutare scrupolosamente che cosa significheranno per il socialismo nel suo complesso.

Ma la sfida non venne raccolta e Gorbaciov non fu aiutato a sviluppare il tema. Dinanzi ai rappresentanti di tutta la sinistra internazionale, convenuti a Mosca per celebrare il settantesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, egli affrontò esplicitamente il problema del rapporto fra la perestrojka e le forze del socialismo nel mondo:

Noi siamo completamente consapevoli dell’importanza del nostro lavoro non solo sul piano economico e politico mondiale – egli disse – ma anche sul piano dell’appoggio morale alle forze del socialismo, della democrazia e del progresso. Tuttavia – aggiunse – non basta la sola attività parallela nei propri paesi. Ci vorrà, se ci si può esprimere cosí, una cultura piú perfetta dei rapporti fra le forze progressiste. Una cultura che consenta di accumulare tutta la varietà dell’esperienza e serva a far comprendere il mondo che ci circonda in tutta la sua policromia e contraddittorietà. Il tema era impostato validamente. La ragione per cui la perestrojka interpellava il socialismo europeo non era nella bontà d’un programma politico già confezionato, ma nella richiesta di prendere parte a un cimento intellettuale comune, dal quale sarebbero potuti scaturire nuove forze e nuovi movimenti, capaci di raccogliere le sfide del nostro tempo. C’era da disegnare una nuova figura del socialismo. «abbiamo imboccato di nuovo una via non battuta», affermava Gorbaciov. La perestrojka proponeva quindi un programma di ricerca comune, consapevole di non poter essere che parte d’un movimento ben piú vasto e differenziato.

La sfida di Gorbaciov poggiava su «un nuovo modo di pensare la politica» consistente innanzi tutto in un invito alla ricerca di nuovi paradigmi: una ricerca «di vitale importanza per la comprensione della nuova situazione nella quale il rinnovamento della civiltà è intrecciato con il problema della sopravvivenza del genere umano». Gli apporti del socialismo occidentale a questo pensiero erano apertamente riconosciuti.

Lo scambio con l’elaborazione e il «modo di pensare» dei comunisti italiani, da Gramsci a Togliatti e a Berlinguer, era stato anche piú intenso e di più vecchia data. Inoltre, nella elaborazione del gruppo dirigente sovietico il «nuovo modo di pensare» assumeva i tratti d’un realistico e affascinante universalismo, che evocava la lezione di grandi scienziati e pensatori come bertrand Russell, Albert Einstein e Andrej Sacharov, affermava Gorbaciov:

La nuova mentalità è anche una nuova morale, una nuova psicologia. Essa mira a far sì che ogni uomo, pur restando cittadino del proprio Paese, militante del proprio partito, attivista di qualsiasi movimento progressista nazionale, si assuma la responsabilità anche di quale dovrà essere il mondo intero e se esso potrà addirittura sopravvivere.

Come vedremo ripercorrendo la tappa del «nuovo modo di pensare», nel giro di pochi anni Gorbaciov propose all’opinione pubblica mondiale un’agenda globale per il XXI secolo tuttora insuperata. Malgrado la sua sconfitta, una riconsiderazione del suo progetto politico appare dunque proficua.

Giuseppe Vacca

da: La sfida di Gorbaciov. Guerra e pace nell’era globale, di Giuseppe Vacca, Salerno Editrice (2019)

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