Inizia di venerdì l'invasione tedesca della Polonia.
La guerra cominciò alle quattro e quarantacinque del mattino del 1˚ settembre, di ottantanni fa con le bordate di una nave di battaglia, la Schleswig Hollstein, contro la guarnigione polacca di Westerplatte Danzica.
La strategia difensiva di Varsavia fu figlia di considerazioni economiche ed errori politici. I polacchi tenevano a conservare il controllo delle miniere di carbone della Slesia, vicino alla frontiera tedesca e credevano di poter contare un'immediata assistenza militare della Francia e della Gran Bretagna. Ma Londra e Parigi non potevano o volevano sguarnire il fronte occidentale.L'inutile ruolo della dilomazia
Fino alle ultime ore prima dell’inizio del conflitto, governi e diplomazie continuarono a comportarsi come se la pace fosse ancora possibile.
Del tutto inutile.
Il primo a comprendere che i giochi erano fatti e che non c'era più spazio per la diplomazia europea,fu l’ambasciatore d’Italia a Berlino Bernardo Attolico. Vani i suoi tentativi di convincere Ribbentrop a ricevere l’ambasciatore polacco, ebbe anche la possibilità di una udienza con il Führer e ricevette il testo delle inaccettabili e umilianti proposte che la Germania aveva inviato alla Polonia. Propose la mediazione dell’Italia. Hitler rispose che non voleva mettere il Duce in una situazione imbarazzante. Tombale alla domanda di Attolico, «è tutto finito?» la risposta fu un glaciale «sì».
Avvisaglie
Il 31 agosto a Gleiwitz e a Hohlinden, a breve distanza dalla frontiera polacca.
Nella sede della dogana di Hohlinden, più o meno alla stessa ora, andò in scena un copione ancora più sanguinoso.Il duce e il governo italiano
A Roma il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano trascorse l’intera giornata del 31 agosto nel tentativo di organizzare una nuova conferenza quadripartita. Parlò al telefono con Attolico e ricevette gli ambasciatori di Francia e di Gran Bretagna.
Quando informò Mussolini, verso le nove della sera, che ogni tentativo era stato inutile, questi ne rimase «impressionato» e disse: «È la guerra. Però domani faremo una dichiarazione in Gran Consiglio che noi non marciamo».
Il giorno dopo, mentre in Polonia si combatteva, Ciano annotò nel suo diario: «Il Duce è calmo. Ormai ha preso la decisione del non intervento e la lotta che ha agitato il suo spirito durante queste ultime settimane è cessata».
Vi fu un Consiglio dei ministri alle tre del pomeriggio durante il quale venne approvato l’ordine del giorno con cui l’Italia annunciava al mondo la sua «non belligeranza ». Tutti i ministri, sembra, approvarono con un sospiro di sollievo e qualcuno disse a Ciano, abbracciandolo, che aveva «reso un gran servigio al Paese».
Ancora più profondo fu il sospiro di sollievo degli italiani. Cominciò così un felice interludio durante il quale potemmo sperare che l’Italia non avrebbe commesso l’errore di gettarsi in una guerra che il suo popolo non desiderava e a cui le sue forze armate erano del tutto impreparate. L’interludio finì il 10 giugno 1940.
La seconda guerra mondiale era iniziata.


