Alessandro Manzoni, latifondista e un po' fascista
L'autore dei "Promessi Sposi" all’anagrafe si dichiarava possidente, e non letterato, perché considerava l’agricoltura, e non la scrittura, la sua principale occupazione.
Se dico “Alessandro Manzoni” cosa vi viene in mente? I promessi sposi? I professori che ne parlano come di uno dei massimi autori della nostra letteratura? Immagino ne sarebbe lusingato, ma non soddisfatto. Il Manzoni infatti all’anagrafe si dichiarava possidente, e non letterato, perché considerava l’agricoltura, e non la scrittura, la sua principale occupazione. Seguace in questo del filosofo francese Rousseau, convinto che l’uomo di studio dovesse avere un’attività manuale, meglio di tutte l’agricoltura. E dei Fisiocratici, che all’agricoltura davano un particolare valore, in quanto generatrice di nuova ricchezza e non solo trasformatrice di materia.
La tenuta di Brusuglio era seguita da un fattore che doveva render conto puntualmente al Manzoni, proprietario pignolo e preparatissimo. Per esempio fu il primo a coltivare in Lombardia gli agrumi e a importare le robinie per rinforzare gli argini dei corsi d’acqua. Tentò anche, senza successo, con il cotone e con il caffè. Ma l’impresa più redditizia, per diversi anni, fu l’allevamento dei bachi da seta, per il nutrimento dei quali aveva fatto piantare una grande quantità di gelsi. Peccato che la produzione fosse sì redditizia, ma a fronte di condizioni di lavoro inumane e sotto pagate della manodopera, in prevalenza femminile e minorile. Ogni tempo ha i suoi padroni e le sue vittime.
Paola Chessa Pietroboni dirigie la rivista CIBI