Cosa accade agli Afghani che arrivano in Europa

E' la seconda nazionalità per numero (2,7 milioni di afghani) di richieste d’asilo al mondo. La maggior parte di queste persone sono ospitate in Paesi limitrofi come Pakistan, Iran e Turchia, ma il numero di afghani che richiedono asilo in Europa è andato crescendo negli ultimi anni.

afghani rifugiati

Nel 2020 gli afghani hanno costituito il secondo gruppo per numero di richieste d’asilo in Europa, numero che con gli accadimenti recenti è destinato a crescere di molto. Questa situazione ancora una volta ci ricorda l’importanza per l’Unione europea di accelerare sulle necessarie riforme della politica migratoria europea per evitare gli errori commessi in passato ed evitare nuove crisi.

Da quanto riporta l’Internal Displacement Monitoring Center, ci sono attualmente 2,9 milioni di sfollati interni in Afghanistan e oltre 2.7 milioni di afghani che hanno cercato rifugio al di fuori del proprio Paese: è la seconda nazionalità per numero di richieste d’asilo al mondo. La maggior parte di queste persone sono ospitate in Paesi limitrofi come Pakistan, Iran e Turchia, ma il numero di afghani che richiedono asilo in Europa è andato crescendo negli ultimi anni.

Se si ci si sofferma sulle richieste di asilo nel 2020 in Europa, gli afghani sono il gruppo maggiore in Austria (21,3% di tutte le richieste), Belgio (17,9%), Francia (13%), Germania (10%) e Grecia (30%). Inoltre, costituiscono il 50% della popolazione nei campi profughi sulle isole dell’Egeo in Grecia e, per tre anni di fila, l’Afghanistan è stato il secondo Paese per richieste di asilo a livello europeo, dopo la Siria.

 Prevedendo il crescente numero di richieste d’asilo provenienti dall’Afghanistan, nel 2016 l’Unione europea ha siglato un accordo informale con il governo afgano per collaborare nella gestione dei flussi, il Joint Way on Migration Issues.

 Lo scopo dell’accordo è quello di prevenire l’immigrazione irregolare e di incrementare i rimpatri, su base sia volontaria sia involontaria. Nel corso del 2020 l’accordo è stato rinnovato, suscitando le proteste di molti osservatori internazionali, i quali sottolineavano come l’Afghanistan, un Paese segnato dalla violenza e dall’instabilità, non potesse essere considerato come un luogo sicuro dove rimpatriare i migranti. A oggi, con gli sviluppi avvenuti in queste ultime settimane, questa critica ha acquisto ulteriore rilevanza. Il ritiro delle truppe occidentali dall’Afghanistan ha infatti contribuito a motivare i Talebani a continuare la loro guerra, spingendoli ad arrivare fino a Kabul e a dichiarare la loro volontà di istituire l’Emirato islamico dell’Afghanistan.

Questo processo incrementerà l’instabilità del Paese, spingendo un numero maggiore di persone a scappare nei Paesi vicini, e in Europa. Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha espresso preoccupazione per il peggioramento della situazione nel Paese, che “avrà un effetto anche sull’Europa”, ha spiegato.

Questi sviluppi aumenteranno il numero di arrivi nell’Unione europea, con tutte le conseguenze che questo implicherà. Molti afghani che decideranno di spostarsi verso l’Europa lo faranno infatti tramite la Turchia, una zona di transito di importanza storica per gli afgani diretti in Europa. Questo tuttavia andrà a complicare ulteriormente la già difficile situazione al confine tra Turchia e Grecia, sviluppatasi nel corso degli ultimi anni proprio per la gestione dei flussi migratori. Un incremento della pressione al confine non farà che aumentare ulteriormente la tensione tra l’Unione europea e la Turchia.

Tuttavia, l’Unione europea è più di un semplice osservatore in questi sviluppi. Essi sono infatti una diretta conseguenza della decisone dell’Unione europea di esternalizzare la gestione dei flussi migratori ai Paesi terzi (come la Turchia), consegnandoli di fatto il potere di ricattare l’Unione e mettere in pericolo la stabilità europea. Inoltre, raggiungere accordi come quello del 2016 con l’Afghanistan, evidenzia la miopia dell’Unione europea, focalizzata nel ridurre i flussi migratori e aumentare i rimpatri senza considerare che questi accordi possono molto facilmente portare a un’impasse, soprattutto in contesti segnati da forte instabilità, come accade appunto in Afghanistan.

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