Perché nonostante tutto il "Green Pass" è inutile

Premetto che non penso sia una buona idea l' introduzione del "Green Pass": sarebbe sufficiente procedere speditamente ed efficacemente con le vaccinazioni, lasciando in pace gli eventuali renitenti non convincibili (tra il 5 e il 15 per cento)[1], per permettere una copertura comunque adeguata.

Green PassSi tratta, anche in questo caso, di una proposta che, più che altro, mira a produrre una polarizzazione artificiosa.

Da un lato, la “caccia ai non vaccinati”, assolutamente inutile e anzi controproducente.

Chi è pervicacemente renitente al vaccino è un fallimento per lo Stato e per le sue istituzioni, ma non lo si convince obbligandolo o marginalizzandolo. Anzi…

Dall’altro la creazione di un capro espiatorio per nascondere le carenze dell’attuale gestione: l’inoculazione delle prime dosi, ad esempio, è oggi in calo rispetto a giugno e si attesta mediamente intorno ai 100.000 al giorno, ossia più o meno quelle che venivano fatte nel primo mese della campagna dal famigerato governo Conte.

E questo non dipende dai no-vax, ma dalla distribuzione e dalla scarsità relativa delle dosi che impedisce, ad esempio, di permetterne la somministrazione nelle farmacie o attraverso i medici di famiglia.

Inoltre, non sono stati potenziati né gli ospedali, né le strutture sanitarie territoriali, né i trasporti pubblici (che continuano ad essere stipati di gente nelle ore di punta). Ma non solo queste cose non sono state fatte: nemmeno se ne parla. Si discute invece del Green-Pass.

C’è da dire, però, che le voci contrarie levatesi contro la proposta, quando non spiccano per senso del grottesco, contribuiscono il più delle volte a confondere ulteriormente una situazione già complicata di suo. C’è chi addirittura fa paragoni col nazismo, con le stelle gialle di David, con 1984 e George Orwell – smarrendo così non solo il punto, ma anche ogni autorevolezza intellettuale…

In generale, si teme l’imposizione subdola di misure di controllo totalitario sulla libertà individuale.

In tutto questo, cerchiamo di ampliare un attimo lo sguardo: oltre all’epidemia da Covid-19, guardiamo anche ai 50° registrati a Vancouver qualche settimana fa, alle recenti alluvioni in Germania, alle proiezioni secondo cui il 20% del territorio italiano è a rischio desertificazione nei prossimi anni[2].

Guardiamo anche al fatto che, davanti a tutti questi chiarissimi e sempre più frequenti segnali della catastrofe che avanza, le misure politiche per incidere realmente sul riscaldamento climatico sono ancora sostanzialmente nulle (per quante “amenità verdi” vengano annunciate).

Guardiamo infine al fatto che, oltre al disastro ambientale, siamo nel mezzo di un disastro sociale: licenziamenti indiscriminati, attacchi quotidiani ai lavoratori in sciopero, operai uccisi ai picchetti, braccianti che muoiono sotto il sole…

Siamo effettivamente dentro una “casa che brucia” – per recuperare la metafora usata da qualcuno…

Ecco, davanti a tutto questo, davvero pensiamo che sia possibile – sempre che non sia troppo tardi – cambiare radicalmente l’attuale modello di produzione e di consumo senza intervenire anche sulle “libertà personali”?
Ossia, siamo proprio sicuri che il problema che ci troviamo di fronte sia quello di un “governo totalitario” che “controlla tutto”, “dirige tutto”, “vede tutto” e non, invece, quello di un governo niente affatto “totalitario” in questo senso, ma anzi sostanzialmente impotente, tragicamente impotente, che naviga a vista e che, anche per questo, è sempre più violento, repressivo, autoreferenziale nella sua ignavia?
Ignavia che, a sua volta, è funzionale al fatto che questo modo di governo da decenni ormai non risponde più nemmeno in minima parte agli interessi collettivi, ma esclusivamente agli interessi privati di una parte molto ristretta dell’umanità. Impotenza e repressione non sono solo compatibili, ma speculari: con alcuni lo Stato ha – o finge di avere – le mani legate, con altri invece picchia durissimo.

Ma torniamo al tema da cui siamo partiti, pensiamo alla vicenda Immuni: un’ottima idea a mio parere, che pur tracciando gli spostamenti, garantiva la privacy degli utenti più di qualunque applicazione tipo Facebook, Instagram o Google-Maps, ma che però non ha potuto funzionare per le paure, le resistenze dei cittadini ad essere “spiati dallo Stato”.

Paure e resistenze foraggiate anche da analisi sbagliate, che mancavano il punto. Per una volta, forse, le tecnologie che ogni giorno controllano i nostri spostamenti, per tracciare le nostre scelte di consumo, i nostri movimenti, le nostre discussioni, le cose più intime e private, sarebbero state utilizzate per proteggere la salute pubblica e garantire la mobilità personale.
Ha prevalso invece la paura per lo Stato totalitario. Alla fine Immuni non si è potuta non dico imporre, ma nemmeno suggerire attivamente, ad esempio attraverso l’invio di un SMS. Per essere una dittatura sanitaria delle élites tecno-farmaceutiche, un risultato quanto meno scoraggiante…
Ne sono seguite misure ben più pesanti come i coprifuoco, ma meno invasive sul piano della privacy individuale: misure che non controllano nessuno spostamento, non monitorano nessuna condizione sanitaria, ma reprimono tutti allo stesso modo.
E intanto la gente stipata nei treni e negli autobus ogni mattina.Ecco questo è solo un piccolo esempio, forse sciocco.
Ma il punto è: davanti alla sfida planetaria di un sistema produttivo e di consumi da cambiare radicalmente, che richiede un intervento politico gestionale eccezionale e tempestivo su larga scala, davanti ad un assetto politico economico disfunzionale e socialmente insostenibile, siamo davvero sicuri che sia possibile far fronte a tutto questo senza una capacità di direzione e di governo decisamente più forte sul piano esecutivo, anche eventualmente legittimata a limitare certi comportamenti e certe condotte individuali, ad imporre nuovi modelli produttivi, ad intervenire sui rapporti proprietari?

La vera sfida mi sembra oggi allora quella di rendere il potere esecutivo un potere pubblico, democratico e partecipativo, poroso e trasparente rispetto alla società, ma anche di renderlo più forte, più autorevole, più “invasivo”. La questione non mi sembra quindi quella di tutelare le “libertà individuali” dall’ingerenza di un potere sempre più totalitario ma, per così dire, di rendere collettiva la libertà del singolo: realizzandola attraverso corpi collettivi e dando potere a quest’ultimi, che invece ne sono oggi di fatto esclusi. Democratizzare e rafforzare i poteri pubblici quindi.

Ora, se invece l’ipotesi di un Green pass (ottenibile peraltro non solo con vaccino, ma anche con tampone…) viene interpretata, come tale, nei termini di una forma di “discriminazione” tra i cittadini, di estensione illegittima del potere pubblico, di invadenza nella sfera privata, allora immagino sarà molto dura rendere effettuali alcune di quelle misure che, temo, sarebbero necessarie per salvare una buona parte dell’umanità dagli effetti devastanti del cambiamento climatico. Così come sarà altrettanto difficile cambiare gli assetti proprietari della nostra società: libertà individuale astratta e proprietà, infatti, sono concetti interdipendenti, e stupisce che chi tanto si è occupato di genesi del diritto moderno, sembri dimenticarlo oggi. Perché è bene sapere che, chi può e chi ha, ha forse già messo in conto un “riequilibrio demografico” su larga scala.

Cerchiamo un attimo, nuovamente, di guardare oltre i confini della vecchia Europa, dell’Occidente opulento e spaventato. Il covid-19 è probabilmente solo un primo, timido sintomo della catastrofe che ci aspetta, figlio com’è di quel processo di inurbazione sconsiderata che depriva sempre più le aree selvagge della necessaria autonomia ecologica[3].
Già adesso però, vediamo che questa catastrofe non impatta allo stesso modo sull’umanità intera, ma colpisce solo una parte – quella più fragile e più numerosa. Quella più povera.
Sì perché, questa volta, ci stanno, anzi ci stiamo curando qui in Occidente; ma basta guardare fuori dall’uscio di casa per constatare come, tutto sommato, per qualcuno non è poi un’idea così cattiva quella di evitare lockdown, vaccini, controlli e tutto il resto – vedi Brasile, India et al.
Tanto sono i poveri a rimetterci la pelle per primi. Questo particolare sembra che qualcuno dalle nostre parti lo dimentichi troppo facilmente: se abbiamo i vaccini è anche perché siamo parte dei paesi più ricchi e più stronzi sul pianeta. Siamo i consumatori più ricchi. Non è che abbiamo altri meriti particolari.
Le grandi multinazionali farmaceutiche hanno fatto i vaccini apposta per noi e agli altri non li hanno venduti, perché non li potevano pagare.
E loro crepano, noi meno. Teniamo a mente anche questo.
Insomma, non facciamoci dettare l’agenda della notizia del giorno. La situazione è incerta, poche sono le certezze. Manteniamo la calma e l’equilibrio.
E risparmiamo le energie per le battaglie importanti che verranno in autunno, e che sono già iniziate. Non serve il Green-Pass per risorverle.
Note

[1] https://scontent.fblq2-1.fna.fbcdn.net/v/t1.6435-9/216391919_10158262228503947_6726819441186370858_n.jpg?_nc_cat=103&_nc_rgb565=1&ccb=1-3&_nc_sid=730e14&_nc_ohc=u7Pw6KYuatIAX-D6lK_&_nc_ht=scontent.fblq2-1.fna&oh=f9374ca5932def023f1063b493a53c85&oe=60FE1D03 https://www.lavoce.info/archives/88574/i-no-vax-in-italia-meno-di-quanto-si-legge/
[2] https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/acqua/2021/06/17/clima-anbi-20-dellitalia-a-rischio-desertificazione_73135ed7-7118-4e73-9240-c097339f2c46.html
[3] Crf. David Quammen, Spillover, Milano, Adelphi, 2014.


vitali rolandoRolando Vitali si è formato tra le Università di Bologna e Berlino. Dopo aver conseguito la laurea specialistica con una tesi sul concetto di esperienza in Hegel e Adorno ha iniziato un dottorato di ricerca su Nietzsche e il concetto di individuo presso la Friedrich Schiller Universität di Jena. Tra il 2015 e il 2017 è stato Fellow in residence presso il Nietzsche-Kolleg di Weimar. I suoi interessi si concentrano sulla filosofia e la cultura tedesca, l’estetica moderna e la teoria critica francofortese. Scrive per "La fionda" uno spazio libero di elaborazione culturale e politica

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